di Domizia Dalia – pubblicato su COLLEZIONARE dicembre 2014/gennaio 2015
Un rito, quello delle letterine di Natale, che si diffuse nell’Ottocento nelle famiglie di tutta Europa, soprattutto in Italia, Germania, Francia e Belgio. La tradizione voleva che fosse il papà a ritrovarle sotto il piatto durante il pranzo di Natale o la cena della Vigilia.
Vittorio Pranzini, settantaquattrenne di Ravenna, ha dedicato gran parte della sua vita al collezionismo. Tra le tante raccolte, quelle incentrate sul tema del Natale ci riportano con la memoria ai teneri momenti dell’infanzia, nei quali si scrivevano le luccicanti letterine di Natale per i propri cari e ai magici Presepi di carta oggi poco conosciuti, ma un tempo molto diffusi.
Credo che per lei il Natale rappresenti un momento particolarmente felice e importante, lo si nota da alcune sue collezioni che riguardano in particolar modo questo preciso periodo dell’anno…
Nella tradizione della mia famiglia si faceva il presepio così come c’era l’abitudine di scrivere le letterine di Natale. Quindi, per me questo periodo ha sempre rappresentato un momento speciale. Dopo i miei studi universitari in pedagogia, ho continuato a coltivare l’interesse per questi riti. Non mi sono limitato semplicemente alla raccolta del materiale, ma in quanto ricercatore della cultura dell’infanzia, studiavo anche dal punto di vista scientifico gli usi tradizionali ricercando i contenuti pedagogici in essi racchiusi.
L’aspetto pedagogico sicuramente emerge dagli scritti delle Letterine di Natale. Immagino quindi che le interessino principalmente quelle compilate?
Si, per me la letterina non è solamente un foglio di carta decorato con soggetti natalizi. L’importanza sta nell’analisi dei vari testi che rappresentano i primissimi esercizi fatti dai bambini a scuola. Si può notare anche come la calligrafia, a quei tempi, fosse molto curata. Esistono letterine scritte da bambini di prima elementare, di quinta e anche oltre. È interessante coglierne, quindi, anche l’aspetto evolutivo.
Lei parla di tempi passati, a quali anni fa riferimento?
Non esistono studi che esprimono con certezza la data esatta in cui questa tradizione è iniziata. A giudicare dagli esemplari in mio possesso – diverse centinaia – posso affermare che si tratta di un rito che si diffuse nelle famiglie di tutta Europa – soprattutto in Italia, Germania, Francia e Belgio – nell’Ottocento e nei primi cinquanta anni del Novecento. La letterina più antica che possiedo è stata scritta da un bambino milanese ed è datata 1852. Dopo il 1950 la tradizione di scrivere pensieri dedicati ai propri cari è andata scemando e anche da un punto di vista grafico persero di qualità.
Si tratta di un modo alternativo per comunicare tra piccini e grandi appartenenti allo stesso nucleo familiare. Spesso, infatti, queste letterine venivano indirizzate ai genitori o ai nonni. Quali erano i temi trattati?
Nella maggior parte dei casi si tratta di temi stereotipati. Solitamente si ritrovano i vari richiami alla Natività, che comportava l’obbligo ufficiale degli auguri. A questi seguiva l’ammissione di aver avuto comportamenti poco corretti e quindi succedeva l’immediato pentimento e le promesse di essere più bravi nel futuro. La letterina si concludeva con gli auguri di lunga vita e prosperità alla mamma e al papà, oppure a nonni e zii.
La tradizione voleva che fosse il papà a ritrovarle sotto il piatto durante il pranzo di Natale o la cena della Vigilia…
Certo, il bambino si avvaleva della complicità dei fratelli più grandi o della mamma per posizionarla senza essere visto. Il Padre così poteva fingersi sorpreso nel momento del ritrovamento e spesso, come premio per l’impegno, venivano donati dei soldini.
Dalla loro lettura emergono i sentimenti, erano questi il vero fulcro di queste letterine…
A tal proposito vorrei sintetizzare la mia risposta leggendo una frase scrittami dal Cardinal Tonini: “Qui la solennità è rivissuta e restituita nella intensità delle vibrazioni più personali, più intime, così come nella bellezza dei riti tradizionali e familiari che costituiscono il meglio delle ricchezze spirituali più pregiate della nostra gente. Chi desidera regalare a sé un poco di quel mondo intimo tutto lucentezza e innocenza, guardi queste letterine: vi ritroverà forti richiami ai momenti migliori della propria vita, quando il bene era ancora saporoso e il male faceva proprio orrore”
Ritrovandole oggi in un cassetto o in qualche album dei ricordi, senza nulla voler togliere ai sentimenti e ai contenuti, si rimane colpiti dai decori colorati e spesso molto rifiniti. Quali sono le caratteristiche grafiche, i soggetti tipici principali rappresentati e la loro evoluzione nel tempo?
Le primissime erano molto decorate e rifinite. Presentavano uno stile Barocco, che conteneva molto color oro. La prima pagina aveva una cornice molto grande con decorazioni floreali o geometriche e lasciava poco spazio alla scrittura. Le pagine interne contenevano spesso la raffigurazione della Natività. Venivano stampate con la tecnica della cromolitografia e i decori erano a rilievo. I più preziosi presentavano una rifinitura della carta tagliata tipo pizzo. Capita anche di trovare decori a sorpresa. Grazie ad una linguetta che, una volta tirata in maniera strategica scopriva altri decori.
Ci sono differenze grafiche sostanziali tra i diversi Paesi?
Le immagini tedesche hanno una grafica diversa, sono più grandi rispetto alle nostre e, spesso, nella prima pagina presentavano delle scritte. Le letterine francesi, invece, sono più simili a quelle prodotte in Italia.
Esistono esemplari più rari di altri e quindi molto ricercati dai collezionisti?
Oggi sono diventati difficilissimi da trovare, soprattutto le letterine risalenti all’Ottocento. Più facile è imbattersi in pezzi degli anni Cinquanta non compilati che solitamente provengono da fondi di magazzino di vecchie cartolerie.