di Domizia Dalia – pubblicato su COLLEZIONARE novembre/dicembre 2017
I pezzi, dall’Ottocento ad oggi, sono esposti in un Museo a Robbio in provincia di Pavia
Giovanni Baldin, classe 1944, è il classico accumulatore seriale. Di raccolte ne possiede molte, ma è quella delle macchine per cucire a renderlo particolarmente orgoglioso. Una collezione di mille esemplari, tutti funzionanti, messi insieme in oltre quarant’anni di ricerche. La sua storia coincide con quella della sua raccolta. Da meccanico specializzato, infatti, decide di lavorare insieme alla moglie occupandosi della manutenzione e del ritiro dell’usato per il loro negozio di macchine per cucire. Inizialmente il ritiro avveniva in maniera completamente disinteressata poi, in un secondo momento, quando crebbe il suo interesse per questi oggetti, il ritiro dell’usato divenne un’occasione per scoprire e acquisire nuovi modelli. Così, una dopo l’altra, ha riempito prima il suo garage, poi quello di figlie e parenti. Una passione, la sua, nata dalla curiosità per la meccanica e per le innovazioni che queste macchine per cucire hanno saputo introdurre. Con orgoglio, ci racconta la storia di questi oggetti, delle aziende più innovative e dei piccoli segreti che si celano dietro i modelli più particolari ed introvabili
La storia delle macchine per cucire è molto affascinante, soprattutto se consideriamo che con la loro introduzione, già a partire dalla seconda metà del Settecento, il modo di produrre capi di abbigliamento cambiò radicalmente. Una lenta evoluzione che lei riesce a raccontare grazie ai suoi bellissimi esemplari…
La mia collezione è un vero patrimonio storico che ho la fortuna di condividere con tutti grazie al museo che sono riuscito ad aprire qui a Robbio. Ogni modello racconta la storia del processo evolutivo della meccanica, ma anche la storia di una nazione.
A proposito di questo lei si riferisce alle macchine per cucire che riportano richiami del periodo fascista, come l’Altare della Patria oppure l’aquila?
Non solo. Possiedo un rarissimo modello prodotto, nel giugno del 1890, in onore della regina Margherita. Una macchina dall’aspetto estremamente attraente capace di unificare l’utilità con la ricercatezza della forma. Quattro piedi leonini sorreggono la base sulla quale è raffigurata l’effige della Regina. Una macchina che già a quei tempi veniva prodotta in serie limitata e destinata al mercato dei collezionisti. Un altro esempio è quello di una Necchi, modello RS146, che sul piano riporta la cartina dell’Italia di allora, con ancora l’Istria inclusa! Le grafiche, come si intuisce, non riportano solo il tema estetico, ma raccontano anche un’epoca.
Raccontano anche il territorio e le sue attività…
Certo, per esempio possiedo una macchina Singer del 1900 creata ad hoc per cucire cappelli di paglia per le mondine, un esemplare rarissimo che ci riporta alla storia del territorio lombardo della Lomellina. Un altro esempio è dato dalla macchina prodotta dalla ditta Rimoldi, adatta per cucire sacchi di Juta per il trasporto delle granaglie. Una curiosità di quest’ultima: il punto particolare che riusciva a fare è stato utilizzato in seguito per cucire le pellicce.
Dietro ogni macchina si nasconde un mondo. Tutti i suoi esemplari sono stati recuperati grazie al suo lavoro, non ne ha mai acquistata una?
Mai. Quando giravo per le cascine della Lomellina non era difficile trovare vecchie macchine a volte utilizzate per tutt’alto come blocca porte di magazzini e così via; e alla mia richiesta di portarle via, raramente mi dicevano di no. Con un po’ di pazienza ho rimesso a posto anche i pezzi più arrugginiti, rendendoli tutti funzionanti.
Dal primo brevetto, del 1790 dell’anglosassone Thomas Saint, in cui le caratteristiche base della macchina per cucire furono messe a punto – ovvero il piano orizzontale per supportare la stoffa, il braccio sospeso alla cui estremità era collocato un ago a movimento verticale e il trasportatore che procedeva automaticamente tra un punto e l’altro –, di strada se ne è fatta molta. Quali sono le aziende che hanno determinato la storia di questa invenzione rivoluzionaria?
La Singer è stata una delle più importanti. Nel 1851, Isaac Merrit Singer ha brevettato la sua prima macchina e tra le innovazioni vi era il piedino premistoffa che permetteva di tenere piegato il tessuto durante il lavoro di cucitura. Un’azienda che si è diffusa capillarmente tanto da aprire nel 1922 il primo stabilimento italiano – Singer Italia – a Monza, inaugurato dal Duce.
Se non sbaglio è stata anche la prima azienda ad inventare il piedino per la cucitura a zig-zag…
Sì, anche se era l’operatore che doveva saper muovere il tessuto nel modo corretto. E con questo introduco le macchine per cucire Necchi, un marchio che ha sempre puntato sull’innovazione. Nel caso specifico dello zig-zag, ha inserito il piedino direttamente nella macchina. In questo modo il punto era automatico e non richiedeva di nessuna abilità. Le macchine Necchi sono sempre state un passo avanti, per esempio quelle a pedale avevano già la predisposizione per inserire il motore, poi, negli anni Trenta, è stata la prima macchina a rotativa mentre le altre avevano ancora la spola che oscillava.
Altre aziende?
La tedesca Pfaff, che già alla fine dell’Ottocento dava del filo da torcere alla concorrente Singer. Una curiosità? La prima azienda in Italia a produrre macchine da cucire è stata la Salmoiraghi, anche se si è convertita molto presto ad altre produzioni. Tra le altre cito anche la Vigorelli fondata dall’ex direttore della Necchi Arnaldo Vigorelli, e la milanese Rimoldi.
Nella sua collezione scorgo anche delle macchine in miniatura, che cosa sono?
Si tratta di macchine per cucire giocattolo riprodotte in scala. Venivano vendute solitamente insieme a quelle grandi e regalate alle figlie che venivano introdotte, in questo modo, ai lavori femminili. Sono esemplari molto rari.
Il progresso ha anche ceduto il passo all’elettronica, lei colleziona anche queste?
Si, anche se mi fermo agli anni 2000. Le macchine prodotte dopo, per me hanno poco fascino. Tra le elettroniche in collezione possiedo quella progettata da Giorgetto Giugiaro nel 1983, si chiama Logica, un vero capolavoro di design e tecnologia.
A proposito di designer, in diversi si sono cimentati in questo campo e la Necchi ha anche vinto ben due Compassi d’Oro, il massimo riconoscimento del design industriale…
Prima nel 1954 con il modello Supernova, poi nel 1957 con la serie Mirella, modello entrato anche nella collezione permanente del MoMa di New York.
Tra i pezzi più rari della sua raccolta?
Due macchine marchiate Ford. Sono molto interessanti per la loro estetica, hanno una forma che ricorda le automobili prodotte dalla stessa azienda.
La macchina per cucire che ancora non possiede e che desidererebbe?
Da vero accumulatore devo dire tutte quelle che non ho.