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Tra il sacro e il profano, il Presepe Napoletano

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Il Presepe Napoletano all’epoca dei Borbone

Tra il sacro e il profano, il Presepe Napoletano

di Domizia Dalia Pubblicato su COLLEZIONARE Dicembre 2017

Gherardo Noce Benigni Olivieri, grande collezionista, ci racconta la storia del Presepe Napoletano all’epoca dei Borbone, dove accanto agli aspetti liturgici non mancano i richiami folcloristici di costume

Padre sorrentino e madre marchigiana. Gherardo Noce Benigni Olivieri acquisisce da loro la passione per gli oggetti di un tempo e il forte interesse per la tradizione del presepe napoletano del Settecento del quale diventa un importante collezionista e un profondo conoscitore. Trent’anni di accurate ricerche gli hanno consentito di allestire un presepe con figure preziose scolpite da famosi artisti del XVIII secolo, contornate da una miriade di accessori disposti con cura proprio come nelle nature morte tipiche di alcuni pittori napoletani dell’epoca. Una collezione completa che descrive con precisione le caratteristiche di queste opere d’arte, ma soprattutto consente di tornare all’epoca borbonica delle Due Sicilie, in quei palazzi nobiliari dove questa tradizione è nata. A Napoli, la rappresentazione della natività con il suo aspetto sacro – tipica dei presepi di tutto il mondo – si fonde con il profano, mostrando la vita quotidiana di quei tempi con personaggi reali che spesso celano significati metaforici.

Gherardo, il suo interesse per il presepe napoletano del Settecento dura da oltre tre decenni, durante i quali lei si è occupato a trecentosessanta gradi di questa materia sia come collezionista sia come studioso e scrittore. La sua è una collezione preziosa e composta da molti elementi?
Nel corso del tempo ho raccolto quasi una settantina di pastori, molti animali e una miriade di miniature. La mia è sempre stata una collezione dinamica, ho sempre cercato di evolverla migliorando i pezzi in mio possesso. Trattandosi di veri oggetti di antiquariato, dal cospicuo valore, sono partito da pastori mediocri e con gli anni sono riuscito a sostituirli acquisendone di più pregiati e preziosi, in alcuni casi anche firmati da noti scultori.

Questo tipo di presepe nasce nei palazzi nobiliari e dell’alta borghesia nella seconda metà del Settecento e, come ha scritto in uno dei sui libri, rappresenta un fenomeno prettamente illuministico…
Certamente, emerge dalla voglia di omologare tutto lo scibile umano. Un tratto tipico dell’atteggiamento verista dell’epoca dei lumi. Il presepe napoletano nasce come qualcosa di elitario e viene trasmesso al popolo solamente in un secondo momento. Erano, infatti necessarie ingenti disponibilità economiche per le figure che venivano realizzate dai migliori artisti e scultori della Napoli del Settecento. Per darle un’idea anche Giuseppe Sanmartino, il famoso autore del Cristo Velato ubicato nella cappella Sansevero, si è cimentato nella produzione di pastori.

Come vengono definiti i vari personaggi e quali sono le loro caratteristiche tecniche?
Per il collezionista sono tutti pastori a prescindere dal personaggio. Non bisogna chiamarli mai né figurini né pupazzi, sembrerebbe quasi di sminuire il loro valore artistico. È molto importante sapere esattamente come sono realizzati per riconoscere i falsi. Tutti i pastori napoletani del Settecento hanno la testa e la pettorina di terracotta policroma, gli occhi rigorosamente di vetro, mentre gli arti sono realizzati in legno, sempre dipinto in policromia, attaccati ad un’anima in fil di ferro rivestita con abiti minuziosamente riprodotti. Tra l’altro, le stoffe utilizzate per i vestiti il più delle volte, provenivano dall’opificio borbonico di San Leucio, vicino a Caserta. Fonti attendibili raccontano di come Carlo III di Borbone insieme alla moglie, si divertisse nel progettare e curare ogni dettaglio.

La fase progettuale diventava un vero divertimento e addirittura, venivano contattati veri e propri architetti per l’ideazione dell’intero presepe…
Le famiglie più importanti e abbienti convocavano illustri architetti per creare le scenografie più imponenti. Testimonianze narrano di presepi grandiosi allestiti addirittura in enormi terrazze in modo da utilizzare il Vesuvio come sfondo naturale. Si comprende come in questi impianti scenografici la prospettiva sia importante ed è per questo motivo che sul mercato si trovano pastori di diverse dimensioni: quelli da primo piano alti 38-40 cm, che è anche la misura prediletta dai collezionisti; quelli da 30 cm e i più piccoli che variano dai 15 a 20 cm.


Il presepe possiede delle caratteristiche precise e ben definite per ciascuna regione. Quali sono le peculiarità di quello napoletano del Settecento?
Unire il sacro con il profano. Due aspetti contrapposti che nel presepe napoletano di quell’epoca convivono in un’unica rappresentazione. Infatti, in qualsiasi presepe di questo tipo che si rispetti, devono esserci tre scene fondamentali: la natività, che rappresenta l’aspetto liturgico, l’annuncio ai pastori e la taverna. Proprio quest’ultima, per i suoi risvolti folcloristici e di costume, tende il più delle volte a superare e a offuscare l’aspetto liturgico.


La taverna rappresenta il lato profano ed edonistico. A differenza delle altre scene, più o meno interpretate sempre degli stessi personaggi, avrà molteplici sfaccettature…
Solitamente rappresenta un luogo di godimento dei beni materiali, in primis il mangiare. Quindi questi ambienti sono pieni di cibarie di ogni tipo – prosciutti, salami, lonze, selvaggina, formaggi –. Poi vi sono i suonatori, l’oste e l’ostessa in genere molto prosperosa.


Stupisce molto la presenza di animali esotici come la scimmia, l’elefante, il leone e spesso anche di personaggi provenienti da terre lontane…
Si tratta di un altro aspetto molto enfatizzato nel presepe napoletano. Spesso si trova il corteo dei Re Magi seguito da dignitari provenienti da qualsiasi parte del mondo – Marocco, Tunisia, Arabia…– e da animali esotici che in altri presepi sono completamente assenti. Questo esotismo racconta come nella Napoli del XVIII secolo gravitassero ambascerie provenienti da diversi luoghi che ricambiavano l’ospitalità dei Borbone con doni esotici ripresi, poi, dalla cultura presepiale.


Tipiche del presepe napoletano del Settecento sono anche le cosiddette miniature. Lei ne possiede davvero moltissime…
Si tratta di accessori di ogni tipo realizzati in scala da artigiani specializzati. Dettagli importanti poiché oltre a completare con tocco realistico l’intera composizione scenica sono anche utili a descrivere la natura storica del tempo. Oltre alle minuteria per adornare la taverna come vasellame, cibarie, strumenti musicali e attrezzi da lavoro vi sono accessori molto preziosi come i gioielli, che spesso arricchivano alcuni personaggi, e oggetti in argento come vassoi e piatti cesellati, realizzati da veri argentieri e con addirittura, il punzone Napoli.


Nella realizzazione del presepe non si cimentavano solo artisti scultori, ma anche orafi e argentieri….
Non solo, il presepe napoletano ha sempre creato un indotto di lavoratori: l’artista che curava la parte principale, cioè il viso – testa e pettorina –, altri scultori, invece, dediti solo alle produzioni degli animali; gli artigiani specializzati nella realizzazione degli arti, i sarti, per creare le vestiture e coloro che si cimentavano solo nella creazione delle miniature.


Le figure del presepe napoletano del Settecento rientrano in un arco temporale ben preciso quello tollerato dai veri collezionisti…
Il periodo aureo va dal 1750 al 1830. Quando, però, si parla di pastori napoletani del Settecento si accetta implicitamente che queste figure possano appartenere anche all’Ottocento inoltrato con fatture di pregio.


Parlando di artisti quali sono quelli più ambiti da voi collezionisti?
Sull’attribuzione bisogna sempre fare molta attenzione, non è cosa facile stabilirla. Non tutti i pastori sono firmati e quelli che lo sono presentano il segno grafico all’interno della pettorina, difficile da trovare senza correre il rischio di danneggiarli.
Tra gli artisti più importanti possiamo citare: Giuseppe Sanmartino, Francesco Celebrano, Matteo Bottiglieri, Salvatore di Franco, Lorenzo Mosca, Giovanbattista Polidoro, Angelo Riva. Mentre tra gli specializzati in animali: i fratelli Nicola e Saverio Vassallo, Francesco Gallo, Francesco Di Nardo e Tommaso Schettino.
Nella mia collezione vi sono diversi personaggi di scuola nota e d’autore, anche se preferisco tenere riservata questa informazione.

Pastori, animali e miniature hanno ancora oggi un notevole valore sul mercato. Sicuramente le condizioni e la rarità del pezzo influenzano molto le quotazioni. Possiamo dare un range medio ai nostri lettori?
Ogni pastore ha un suo valore e non è facile dare una quotazione media. Uno in buone condizioni, senza aver subito forti restauri, vale alcune migliaia di euro dai mille ai quattro-cinquemila, mentre quelli con paternità possono anche superare i sei-settemila euro.


Tra le figure meno comuni quali sono le più rare da trovare sul mercato?
Di certo i Re Magi di buona qualità. La figura del dormiente, un pastore vestito con teli di sacco generalmente rappresentato sdraiato e con gli occhi chiusi, è molto particolare anche per il suo significato simbolico: la chiesa che dorme prima della nascita di Gesù. Ancora più raro è il dormiente morettino. Difficili da recuperare anche gli animali esotici come l’elefante e il leone.

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