di Domizia Dalia – pubblicato su COLLEZIONARE febbraio/marzo 2014
“Non si tratta di una raccolta di semplici carillon, ma di scatole musicali”. Mi corregge subito Adriano Migliaro, collezionista ligure, amante di tutto ciò che emette melodie. Dagli organetti di barberia, quelli creati per primi nel 1702 da Giovanni Barbieri, fino ai più recenti Juke Box.
La raccolta ricca di esemplari, diverse centinaia, mostra chiaramente la passione di questo collezionista non solamente per gli oggetti, ma anche per il recupero dei suoni e delle voci di un tempo. Che si tratti di esemplari eleganti, raffinatamente decorati e dai marchingegni più sofisticati, o di semplici meccanismi di legno e metallo capaci di diffondere un suono, non importa, per Adriano Migliaro sono le note che contano. Ecco spiegato il motivo per cui ama definirsi un collezionista di melodie. Non si ferma davanti a nulla e, con determinazione, da oltre dieci anni si sposta in lungo e largo per l’Europa, e non solo, per scovare i pezzi più strabilianti.
La storia delle macchine musicali, si dice risalga addirittura al primo secolo d.C., quando Erone D’Alessandria, creò per la prima volta dei meccanismi in grado di riprodurre suoni. Dopo quei primi tentativi sono stati fatti numerosi progressi. Da che epoca si comincia a ragionare in termini moderni?
Sicuramente dal Settecento, quando queste macchine vengono create con lo scopo di trasportare la musica in ogni luogo. La mia raccolta inizia proprio con esemplari risalenti a quel secolo e mostra tutta l’evoluzione storica fino agli anni Cinquanta del Novecento, quando tutto diventa elettronico.
La componente meccanica, oltre a quella sonora, è sicuramente di gran fascino. Aprire uno di questi oggetti e vedere il movimento dei diversi ingranaggi non può che suscitare curiosità. È questo il fattore X che l’ha colpita?
Ovviamente, fin da bambino ho cominciato ad appassionarmi a meccanismi di vario genere, in primis a quelli degli orologi e solamente nell’ultimo decennio la mia attenzione si è concentrata su queste macchine musicali. Oltre a raccoglierle, la mia vera passione sta proprio nel restaurarle.
Come ha già anticipato, lo scopo principale di queste macchine era quello d’intrattenere i passanti o gruppi di persone che si radunavano in un luogo…
Il meccanismo, inizialmente creato dai produttori di pianoforti e soprattutto di organi permetteva a chiunque non sapesse suonare di produrre melodie più o meno complesse e di guadagnarsi da vivere rallegrando il pubblico nelle strade e nelle piazze. Esistono diversi meccanismi da quelli semplici come l’organo ad ance o a pneumatici ad aria, oppure a vapore o a corde fino a quelli capaci di riprodurre un’intera orchestra. Questi ultimi, definiti Orchestrion, sono congegni enormi come armadi, con all’interno diversi strumenti in grado di riprodurre ensemble strumentali. Per le grandi dimensioni e per il loro costo erano destinati a dimore ricche, ma all’inizio del Novecento non era raro trovarli anche nei bar o nei bordelli cittadini.
Tra le diverse tecnologie, quale era la più diffusa?
Sicuramente quella a corde, simile a un pianoforte. Di queste ne esistono versioni di ogni dimensione: piccola, media, grande o da spalla. Tutte potevano essere trasportate facilmente, le più grandi con l’ausilio di carretti o di ruote.
La sua collezione comprende anche una serie si boîte à musique in miniatura?
Erano quelle realizzate per i bambini. Solitamente funzionavano grazie ai dischi di cartone. All’epoca si trattava di oggetti molto costosi e quindi destinate solo ai più fortunati.
Questi meccanismi, oltre alla funzione d’intrattenimento, possono essere considerati i primi mezzi di diffusione musicale…
È proprio così, infatti la canzone napoletana O Sole Mio si è propagata in tutto il mondo in questo modo.
Molti emigranti italiani, per diversi anni hanno fatto anche questo tipo di lavoro. E’ vero che tra la nostra cultura e quella del nord Europa c’è una differente considerazione di questa attività?
In Italia, suonare nelle strade queste scatole musicali è sempre stata considerata una professione di basso livello, quasi al pari dell’accattonaggio. Nel nord Europa, al contrario, erano stimati lavoratori con un alto valore culturale e suonavano, addirittura, per le Corti più importanti. Possiedo una scatola musicale, comprata a Berlino qualche anno fa, con inscritte le Corti dove è stata suonata tra cui quella d’Austria e d’Inghilterra.
Hanno dei costi elevati?
E’ difficile dare un range. Dipende dalla tipologia e dallo stato di conservazione. Direi comunque qualche migliaia di euro. La mia fortuna sta nel fatto che riesco a restaurarli da solo, e grazie a questo sono riuscito ad accaparrarmi molti esemplari a prezzi ridotti.
Quali sono i pezzi più rari da trovare?
Per me quelli costruiti dai Bacigalupo, suonatori famosi che in Germania costruirono addirittura una fabbrica di queste scatole musicali
La storia si evolve: dalla musicha classica si passa alla musica leggera, ma il grosso salto è stato fatto anche grazie all’invenzione di Edison che ha permesso di incidere anche la voce. Da qui ai moderni riproduttori di musica, tuttavia, la strada è ancora lunga. La sua collezione fino a dove si spinge?
Comprende anche i Juke Box che iniziarono a diffondersi, soprattutto in America, a partire dagli anni Venti.
Esiste una scatola musicale che desidererebbe possedere e che ancora non ha?
Sicuramente sì, ma non so ancora quale!