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La mia Africa. La collezione di Adolfo Bartolomucci

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STORIA E CULTURA DAL CONTINENTE NERO

La mia Africa. La collezione di Adolfo Bartolomucci

di Domizia Daliapubblicato su COLLEZIONARE maggio/giugno 2018

Sculture, vasi, maschere, monete: piccole e grandi collezioni nella collezione, provenienti da etnie e da epoche diverse, quelle raccolte da Adolfo Bartolomucci, vero e proprio connaisseur di arte africana, di cui possiede migliaia di rari e preziosi esemplari

Kota. Cavigliera in rame. Congo Brazzaville, Gabon.

Parlare di arte africana con Adolfo Bartolomucci, aquilano classe 1933, è un vero piacere. In primis perché possiede una collezione davvero unica, tra le più importanti al mondo e in secondo luogo, perché la sua conoscenza non è solamente frutto di studi, ma deriva dai numerosi decenni vissuti nel continente nero a contatto con le diverse realtà locali. Solo in questo modo è riuscito ad apprendere i molteplici comportamenti e abitudini proprie di ogni etnia, che hanno portato alla realizzazione dei molti oggetti presenti nella sua raccolta. Stanza dopo stanza il connoisseur Bartolomucci mostra la sua incredibile collezione fatta di alcune migliaia di esemplari. Piccole e grandi collezioni dentro la collezione, provenienti da epoche ed etnie diverse; dalle opere in terracotta a quelle in pietra o legno, dai tessuti alle preziose e insolite monete. Proprio queste ultime rappresentano una raccolta eccezionale e unica nel suo genere poiché il collezionista è riuscito nel tempo a catalogarle descrivendo per la prima volta la storia, il valore e il significato di ogni pezzo. Adolfo Bartolomucci spiega, inoltre, come negli ultimi anni il numero degli appassionati di arte africana si sia moltiplicato raggiungendo picchi molto alti, tanto che le richiesta di esemplari sia da parte dei privati che dei musei è in netta crescita.

Lei ha trascorso una vita in viaggio. Dall’Italia alla Francia fino ad arrivare in Mali, dove nel 1961 inizia a coltivare l’interesse per le “arti primitive”…

Il trasporto per l’arte africana è stato immediato ed è cresciuto rapidamente anche perché ho potuto contare su un piccolo bagaglio di conoscenze acquisite in Francia presso gallerie specializzate, già fiorenti alla fine degli anni Cinquanta a Parigi e a Lione, dove ho vissuto per tre anni. Inizialmente ho concentrato le mie attenzioni sugli oggetti di terracotta, perché ho avuto l’occasione di seguire da vicino varie scoperte archeologiche che ebbero luogo tra il 1965 e il 1975. Scavi che hanno portato alla luce importanti resti delle culture di Djenné, Bambara, Bura-Asinda, Komaland, Sokoto e dei già noti, Nok.

Molte popolazioni africane si sono cimentate nella realizzazione di oggetti d’uso e di arte creati con materiali argillosi, ma quale tra esse è stata la più produttiva?

Ogni cultura con le sue specificità è stata molto prolifica, ma di sicuro quella Nok supera tutte semplicemente per il fatto che è sopravvissuta per più anni. Ricerche recenti inquadrano il periodo dei Nok tra il 900 a.C. e l’850 d.C.. Mentre le culture come Djenné e Bambara, del Mali, vanno al massimo dal XII al XVI secolo d.C. Nella mia collezione sono presenti esemplari di terracotta appartenenti a tutte queste culture e si distinguono in oggetti d’uso, funerari e di rito. Un’ulteriore classificazione è data dagli esemplari di superficie – risalenti al massimo agli inizi del Novecento – e da quelli di scavo che possono risalire anche fino a 2500 anni fa.

Immagino che questi ultimi siano i più apprezzati da voi collezionisti?

Sicuramente gli oggetti di scavo specialmente se appartenenti alla cultura Nok – la più antica dell’Africa – sono molto preziosi oltre che affascinanti. Dalla finezza dei dettagli e dall’esecuzione si comprende come questa popolazione non fosse costituita da selvaggi.

Quali sono le caratteristiche principali di queste figure?

Tutte le sculture Nok sono vuote all’interno, modellate a mano senza ricorrere a stampi. Alcune sculture sono realizzate con più pezzi inseriti uno nell’altro. I dettagli delle pettinature e degli ornamenti sono fatti separatamente e poi applicati. Sono quattro le caratteristiche formali che permettono di identificare le opere Nok: la pupilla bucata con un foro circolare con la palpebra superiore equilibrata dall’arcata sopracciliare; il realismo delle labbra e del naso dritto con narici larghe; le orecchie, la bocca e le narici sono bucate ed infine la presenza permanente di pettinature complesse a forma di bande o trecce, nonché la ricchezza di ornamenti.

Nella sua raccolta tra i reperti di origine archeologica vi sono anche dei vasi a forma di stele, molto curiosi di che cosa si tratta?

Di vasi funerari molto alti, capaci di descrivere il defunto sepolto grazie alle numerose incisioni decorative presenti. Sono molto antichi – III-XIII sec. – e provengono dalla necropoli di Bura-Asinda (Regione di Bura, nella Repubblica del Niger), scoperta per caso nel 1975 e divenuta presto celebre per le terrecotte che vi sono state dissepolte. Ogni stele rappresenta un’identità specifica che si tratti di un guerriero, di un cacciatore o di un contadino, di un uomo o di una donna.

Dan, Kru. Cavigliera in bronzo, proveniente dalla Liberia, Costa d'Avorio.

La sua collezione comprende anche moltissimi oggetti e maschere in legno…

Sì, centinaia sono gli esemplari pregiati che possiedo e non si tratta certo di riproduzioni dozzinali di cui il mercato è saturo già a partire dagli anni Settanta. Molti infatti i falsi sul mercato, prodotti dai locali appositamente per i turisti e spacciati come oggetti autentici da antiquari spregiudicati. Le mie maschere, sculture, porte, sedute ecc. sono realizzate con svariati tipi di legno e utilizzate anche per i diversi riti propiziatori. Bisogna comunque precisare che si tratta di oggetti relativamente recenti, poiché essendo il legno un materiale deperibile i pezzi più antichi si sono persi nel tempo, al contrario delle terrecotte che per loro natura hanno resistito ai secoli.

 

Un’altra parte importante della sua collezione comprende le monete ovvero oggetti in metallo di uso comune e non, utilizzate fino agli anni trenta come merce di scambio. Una raccolta dentro la sua collezione di cui Lei va particolarmente orgoglioso…

È il risultato di ricerche e studi durati più di cinquanta anni nell’Africa Sud-Sahariana, che ha richiesto coraggio, fatica e soprattutto perseveranza nel dedicare larga parte del tempo trascorso in Africa ad un argomento ritenuto dai più, trascurabile.

Come mai si è cimentato anche in queste ricerche?

In un viaggio effettuato nella zona Nok, ho avuto modo di vedere un oggetto a forma di badile in ferro forgiato e mi venne detto che si trattava di una vecchia moneta usata nelle transazioni commerciali negli anni Venti e Trenta, al posto delle monete coniate. L’ho acquistato immediatamente. Da quel momento non ho più smesso di interessarmi a questi oggetti chiamati da noi monete etniche. Il valore è determinato dalla forma e dal peso. Ne possiedo oltre trecento, classificabili in duecentocinquantasei tipologie differenti.

Vi è una moneta alla quale è particolarmente legato per la sua storia?

Una cavigliera a sonaglio in bronzo, del peso di quattro chilogrammi, appartenuta ad una donna, della zona frontaliera fra Costa d’Avorio e Liberia. Il fatto che si trattasse della moglie di un capo villaggio conferiva a questa moneta una particolare importanza. Sono riuscito ad acquistarla dopo una lunga negoziazione.

Queste monete sono apprezzate anche da altri collezionisti?

La svolta del mercato delle monete è avvenuta tra il 1995 e il 2000. Molti mercanti europei, infatti, incominciarono ad apprezzare questi oggetti bellissimi. Per comprendere l’importanza di alcuni di essi, come per esempio le monete Anges, basti pensare che venivano utilizzate come regalo per il padre della sposa al momento del matrimonio. Altre, invece rappresentavano la dote. Altre ancora, le Mannilla – deriva dallo spagnolo manilia a manilia – erano prodotte dai portoghesi per avere una merce da scambiare al posto delle monete classiche non utilizzabili nei diversi villaggi. Ognuna di esse ha una storia da raccontare.

Tra queste sono molto conosciute le cosiddette Kissi Penny…

Queste monete, diffuse prevalentemente nell’Africa Occidentale e soprattutto tra i Kissi e i Loma, venivano chiamate dagli europei Kissi Penny, perché nel 1905 avevano il valore di un penny inglese. Questa moneta è costituita da una serie di bastoncini in ferro attorcigliato, con piede e orecchie, ed era chiamata dai locali anche “moneta con anima” se si spezzava, infatti, solo uno stregone era autorizzato a ripararla, per restituirle l’anima. Veniva anche regalata agli sposi nell’atto del matrimonio.

In generale tutta l’arte Africana, negli ultimi anni ha subito un boom d’interesse…

Negli ultimi tempi vi è un incremento notevole legato ai manufatti provenienti dall’Africa occidentale, paragonabile al boom che hanno avuto i reperti provenienti dalla Cina qualche decennio fa.

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