di Domizia Dalia – pubblicato su COLLEZIONARE gennaio/febbraio 2014
Nella collezione di Dario Fangaresi, 500 specchietti pubblicitari raccontano la storia dei gadget promozionali dalla fine dell’800 agli anni Trenta del ‘900
Dario Fangaresi, cinquantottenne milanese, colleziona specchietti pubblicitari tascabili che conserva gelosamente e mostra solo a pochi eletti. Una passione nata dall’oggi al domani senza un motivo apparente, ma che da otto anni porta questo collezionista a intercettare, su internet e nei mercatini, pezzi rari provenienti da ogni parte del mondo. In tutto ne possiede cinquecento di cui centocinquanta italiani. Sono questi ultimi il fiore all’occhiello della raccolta, quelli su cui desidera concentrarsi.
Signor Fangaresi vuole raccontarci la storia di questi gadget pubblicitari che tanto l’appassionano?
Gli specchietti pubblicitari tascabili compaiono intorno al 1870 negli Stati Uniti d’America e il loro utilizzo si diffonde in Europa alla fine dell’Ottocento. Questi oggetti promozionali ebbero il loro periodo d’oro fino agli anni Trenta, quando la loro diffusione fu ridotta a causa dell’affermarsi della pubblicità fotografica e televisiva.
Oltre al loro scopo come veicoli pubblicitari, con le grafiche riportate sul retro della parte riflettente, e alla loro funzione di specchio, questi oggetti sono stati spesso progettati anche per essere utilizzati in altro modo…
Certamente, in molti casi venivano creati con più funzionalità per poter essere il più possibile accattivanti, per ovvi motivi promozionali. Oltre ad essere usati come specchi potevano servire – per esempio – da portaspilli, grazie ad una serie di buchi presenti sul bordo; da dexterity games, veri giochi per misurare la propria destrezza con palline e dadi e per molti altri scopi ancora. Divertenti, e tra i miei preferiti, quelli tipicamente italiani del tipo Totocalcio, utilizzati come aiuto per compilare la schedina grazie a delle palline che casualmente si posizionavano sui segni 1-X-2.
Di questi oggetti che cosa l’attrae maggiormente?
Per me, la parte più interessante di uno specchietto è il retro. Questo può essere realizzato in celluloide, plastica, metallo e vetro; Solitamente l’immagine pubblicitaria è incisa o stampata su questi materiali, oppure su carta poi incollata e protetta da una pellicola trasparente. Le grafiche sono spesso interessantissime e in molti casi riproducono opere di grandi illustratori pubblicitari, come per gli specchietti Costumé Canetta, Isolabella e Marga.
Fino agli anni Trenta sono stati prodotti esemplari davvero sorprendenti, intendo per la qualità dei materiali e soprattutto per la grafica…
L’aspetto estetico di tutti gli oggetti pubblicitari in quegli anni, era tenuto in primo piano. Non è difficile capire quanto studio ci sia stato dietro figure e disegni o anche dietro semplici scritte. Per gli specchietti, in particolare, possiamo dire che i più raffinati a livello grafico sono quelli americani, tedeschi, svizzeri e italiani.
Entrando nel dettaglio, quali erano i prodotti più pubblicizzati?
Predominavano, forse, i generi alimentari, seguiti dalle automobili, dai casalinghi, dalle macchine per scrivere e per cucire e dalle lampadine. Spesso lo specchietto pubblicizzava un negozio al dettaglio, fornendone l’indirizzo. Possiamo dire, perciò, che questi oggetti contribuiscono a delineare il ritratto della società di quegli anni.
Chi produceva gli specchietti pubblicitari?
Diversi sono i produttori e spesso di non facile identificazione. Di solito, se presente, il nome è inciso sul retro dello specchietto in un lato. I produttori americani sono ben identificabili, cosa non facile per quelli italiani che non sempre indicavano i loro nomi. Per questi ultimi bisognerebbe fare uno studio più approfondito, tra i più noti posso comunque citare la società milanese SIMP – acronimo di Società Italiana Materie Plastiche – che produceva tutti gli specchietti del tipo Totocalcio.
Oggi nel mercato collezionistico in generale, è facile incappare in riproduzioni. Può accadere anche a chi ricerca questi specchietti?
Sì, bisogna fare attenzione alle copie, che riguardano soprattutto i pezzi americani. Non mi è mai capitato invece, di vedere falsi di specchietti pubblicitari italiani.
E’ facile individuare questi rifacimenti?
In genere sono facilmente riconoscibili grazie all’aspetto seriale. Se vi capita di vedere, per esempio, uno specchietto ovale della Coca Cola ci sono altissime probabilità che non si tratti di un esemplare del primo Novecento, ma di una riproduzione, magari di trenta o quaranta anni fa, prodotta con molta probabilità come moderno gadget dalla stessa azienda. Ovviamente, il collezionista avveduto se ne terrà alla larga. Altro campanello d’allarme è la parte specchiante: bisogna diffidare se è in perfette condizioni, poiché con gli anni si deteriora anche se ben conservata.
Mi piace chiedere sempre qual è l’esemplare del desiderio, quello che vorrebbe far entrare nelle sua collezione…
Direi lo specchietto del brodo Pisonis, disegnato dal famoso illustratore Giorgio Muggiani.
Per informazioni: dariofangaresi@hotmail.com