di Domizia Dalia – pubblicato su COLLEZIONARE giugno/luglio 2016
La leggenda a due ruote progettata nel 1946
e prodotta dalla Piaggio rivive nella collezione di Marco Fumagalli,
raccoglitore appassionato e instancabile
1946 – 2016. Quest’anno la Vespa ha spento settanta candeline. Progettata dall’ingegnere Corrado D’Ascanio nell’aprile del ’46 e subito messa in produzione da Enrico Piaggio, questa moto non ha più lasciato la scena, diventando non solo il veicolo a due ruote più famoso al mondo, ma anche uno degli oggetti dal design industriale più riuscito di tutti i tempi tanto da essere presente nelle collezioni di prestigiosi musei come il MoMa di New York. Presentata per la prima volta al golf Club di Roma ha conquistato con il suo fascino proprio tutti, compresi i grandi attori della Hollywood in bianco e nero, quella degli anni Cinquanta, quella di Vacanze Romane dove Audrey Hepburn e Gregory Peck in sella alla Vespa sfrecciano per le strade della Capitale. I suoi appassionati collezionisti sono sparsi in tutto il modo e Marco Fumagalli, brianzolo, è uno di loro.
Fin da piccolo lei si è interessato ai motori, da quando ha cominciato a capire che la Vespa era diventata qualche cosa di più di un semplice mezzo di trasporto?
La molla del collezionista è scattata nel 1999, quando ho iniziato ad appassionarmi non solo alla Vespa, ma anche alla sua storia. Da allora non ho più smesso di ricercare i pezzi mancanti e ad oggi, possiedo circa centotrenta esemplari. Completano la raccolta numerosi oggetti del mondo Piaggio e un archivio di materiale storico, come vecchie pubblicità, manuali, fotografie, documenti e molto altro ancora.
Ha cominciato ricercando soprattutto i modelli più antichi che hanno maggiore fascino rispetto a quelli più recenti. Parlando di meccanica, però, mi sembra che non ci siano stati grandi mutamenti nel tempo…
È proprio così, infatti della Vespa ho sempre apprezzato la semplicità della costruzione, essenziale e funzionale. Logicamente all’inizio i modelli più attraenti erano i più antichi e per scovarli ho girato con il mio furgone il Piemonte in lungo e in largo.
La ricerca di questi veicoli è per lei un hobby. Ma il vero divertimento è restaurarle…
Il gioco è proprio questo, trovare vecchi pezzi arrugginiti e riportarli alla luce. È così che ho cominciato ad appassionarmi anche alla storia dei singoli modelli per riconoscerne ogni dettaglio e capire se i veicoli ritrovati presentano varianti coeve o accessori non di serie aggiunti nel tempo. Rispetto all’inizio ho anche mutato il mio concetto sul restauro perfetto.
In che senso?
Nei primi anni l’idea era di riportare i modelli all’origine così come erano stati progettati dall’azienda. Attualmente invece, lascio sui veicoli la traccia del loro vissuto: un adesivo, un accessorio, magari non coevo. Mi piace l’idea che ogni pezzo possa avere i segni di una vita precedente. Per esempio, per noi collezionisti uno tra gli accessori più ricercati è il contachilometri, molto utile e funzionale, ma non di serie fino al 1953.
Trovare pezzi originali per restaurarle non sarà semplice, dove riesce a recuperarli?
Per un periodo la Piaggio aveva mantenuto un catalogo vintage al quale facevo riferimento. In seguito ho incominciato a girare l’Italia, le diverse mostre scambio e mercatini. In questi posti ho avuto modo di conoscere altri appassionati con cui ho stretto veri rapporti d’amicizia. Grazie ad Internet, poi, sono riuscito ad estendere i miei orizzonti ricercando e acquistando anche i modelli che la Piaggio ha progettato e diffuso sui mercati esteri. Mi sono arrivati veicoli dall’America e perfino dalla Nuova Zelanda. In Svizzera ho trovato uno dei più particolari: la Vespa 150 T.A.P., una due ruote con cannone senza rinculo ad uso militare commissionato per l’esercito francese durante la guerra d’Algeria. Si tratta di un modello molto raro.
L’origine del nome rimane ancora oggi un mistero. Nel corso degli anni sono state accreditate due differenti versioni…
Una vuole che il nome derivi dalla sua forma, infatti, se la si vede dall’alto ricorda la sagoma di una vespa. L’altra, invece, si rifà al rumore del motore che richiamerebbe proprio quello prodotto dall’insetto. Un enigma insoluto che tutti vorremmo risolvere! Una decina di anni fa, partecipando ad un’asta su Ebay sono riuscito ad accaparrarmi il primo modello, 98 di cilindrata del 1946 – quello che ha ispirato il nome –. Una lotta all’ultimo rilancio, che mi ha portato a sborsare più di quarantamila eur
Cifre molto importanti. Possiamo dare ai nostri lettori delle quotazioni approssimative?
Il modello più costoso è quello del 1946 che oggi ha un valore attestato sui 50mila euro. Si scende a 15mila euro per il 150S prima serie o per il modello 90 SS. Comunque, la Vespa con il faro basso, ovvero posizionato sul parafango, va dai ventimila euro per la più antica fino agli ottomila euro per quella del 1956. Tutte le altre hanno quotazioni inferiori e variabili in base al tipo di restauro fatto.
Tra quelle della sua collezione quali sono i modelli più rari?
Sicuramente la Sei Giorni del 1953 e una 125 velocità, modello sport che ho portato di recente al Concorso d’Eleganza Villa D’Este. Per riuscire ad ottenere questi esemplari ho dovuto corteggiare un collezionista per diversi anni. Tra i miei preferiti anche il 125 del 1951 diventato famoso grazie al film Vacanze Romane, modello interessante anche perché è stato il primo con la trasmissione del cambio a filo che sostituiva quello a bacchetta.
Il suo sogno nel cassetto…
Direi impossibile, ma mai dire mai! Una Vespa Six Days del 1951.