di Domizia Dalia – pubblicato su COLLEZIONARE aprile/maggio 2015
Intervista a Enzo Pertoldi, collezionista di Udine che in trent’anni ha raccolto millenovecento esemplari dagli anni Trenta in avanti
Non so se si possa ricondurre ad una latente forma della sindrome di Peter Pan, ma il collezionismo di giocattoli da sempre attira migliaia di appassionati di mezzo mondo disposti a tutto pur di tenere tra le mani vecchi giochi, magari identici a quelli posseduti da bambini. In questo ambiente Enzo Pertoldi, imprenditore di Udine, è diventato una celebrità grazie ad una raccolta – la numero uno in Italia e tra le prime cinque al mondo – di Robot e, più in generale, di tutti quei giocattoli inerenti al mondo dello spazio come le coloratissime pistole. In oltre trent’anni la sua collezione ha raggiunto i millenovecento esemplari, e il numero si riferisce ai soli robot!
Enzo Pertoldi, da molti anni lei è alla ricerca di questi giocattoli in tutto il mondo. Si ricorda ancora il momento in cui ha deciso di cominciare a farne incetta?
Mi definisco un collezionista nato. Fin da piccolissimo accumulavo ogni cosa che sistematicamente mia madre buttava. Molto tempo dopo notai nella vetrina di un antiquario un paio di aeroplanini di latta. Entrai subito per acquistarli, ma erano già stati venduti. A quel punto il negoziante, difronte alla mia delusione, mi chiese cosa cercassi: in quel preciso istante, non so neanche io per quale motivo, risposi che collezionavo robot.
Quindi è da quel giorno che la sua raccolta ha avuto inizio, ampliandosi fino a diventare un punto di riferimento per molti altri collezionisti. Da che epoca partono gli esemplari da lei posseduti?
Dagli anni Trenta in avanti. I primi sono ovviamente i più interessanti anche perché la latta ha il suo fascino. Una ventina di anni dopo è stata introdotta la plastica che, però, per me è decisamente meno attraente. Esistono comunque modelli degli anni Cinquanta di qualità. Oltre al materiale si sono evoluti anche i meccanismi, si passa dai primissimi a molla a quelli a batteria.
I robot progettati dai giapponesi saranno sicuramente i più complicati?
Il Giappone è stato tra i maggiori produttori al mondo di questo genere di giocattoli e ha messo sul mercato i pezzi più importanti. Tra le aziende degne di nota posso citare: Nomura, Cragstan Daiya, Horikawa, Yonezawa, Masudaya e Yoshiya.
Venivano prodotti anche in Italia?
Nel nostro paese ne sono stati progettati pochissimi. Il più celebre si chiama Nando, risale agli anni Quaranta-Cinquanta, è costruito in latta zincata e si muove grazie ad una pompetta di gomma. Comunque sul mercato italiano ne importavano parecchi dato che piacevano molto. È per questo motivo che successivamente l’Italia è stata terra di conquista per i molti appassionati.
Parla al passato perché oggi non è più così?
Il mercato nostrano si è molto impoverito e oggi, qui da noi, è praticamente impossibile trovare pezzi importanti originali. Per chi come me ama questo genere deve cercare soprattutto negli Stati Uniti, dove c’è una cultura del collezionismo molto differente e diffusa.
In che senso?
Il collezionismo americano è molto lontano concettualmente da quello nostro. Loro hanno una propensione al guadagno e incentrano tutto sul valore che un pezzo potrà avere in prospettiva. Al centro c’è l’investimento. Ecco perché si trovano sul mercato pezzi in ottime condizioni e al giusto prezzo. Da noi, invece, si vendono “giocattoli giocati”. Spesso capita che i commercianti siano superficiali, e senza avere competenze vendono anche rottami a cifre altissime quando magari negli U.S.A. lo stesso modello in ottime condizioni, dotato anche di scatola, viene venduto ad un quarto.
Perciò, a chi sta incominciando adesso a collezionare robot il consiglio è quello di acquistarli Oltreoceano?
Direi di si, e oggi il web aiuta molto. Mi sento comunque di dire che si tratta di un collezionismo difficile in quanto ormai i prezzi sono saliti alle stelle e gli esemplari di pregio o sono già stati accaparrati da grandi collezionisti oppure vengono venduti a cifre inarrivabili. Il mio consiglio è quello di cominciare con esemplari meno ricercati spendendo poche centinaia di euro per pezzo, scegliere pezzi in buone condizioni, meglio se completi di scatola – quest’ultima, a volte, viene venduta anche al doppio del prezzo del robot – ed evitare le contraffazioni.
Come si riconoscono i falsi dagli originali, immagino che vengano ben camuffati?
Prima di tutto le repliche interessano i robot importanti, quelli che valgono molto. Solitamente vengono riprodotti in Cina. Un primo passo per verificarne l’originalità è quello di valutare la consistenza della latta: solitamente i falsi sono molto più leggeri. Ovviamente ci sono dei commercianti truffaldini che invecchiano il prodotto magari creando macchie di ruggine nei punti strategici, come per esempio sul marchio cinese! Chi conosce bene la materia sa quali sono i colori e le dimensioni dei modelli originali, informazioni fondamentali perché spesso le riproduzioni sono difformi proprio in queste caratteristiche.
Quando parla di robot importanti a quali esemplari fa riferimento?
Alla serie Gang of Five, per esempio, prodotta negli anni Cinquanta dalla Masudaya. Inizialmente gli esemplari erano quattro, poi è stato aggiunto il quinto Machine Man, oggi il più quotato. Diversi anni fa è stato messo all’incanto e battuto per più di 70mila sterline. Non l’ho mai posseduto e, anche se è un mio sogno, ritengo immorale spendere cifre così alte. Di questa serie ne ho altri e, in particolare, al modello grigio è legato il mio ricordo di acquisto più bello. Un’altra serie interessante è quella dei Robby, ispirati al film Forbidden Planet.
Ha mai fatto delle pazzie per aggiudicarsi un pezzo?
Non sarei un vero collezionista altrimenti. Una volta pur di acquistare ad un’asta un robot ho rilanciato fino a raggiungere una cifra altissima, ma per fortuna avevo un amico accanto che mi ha tirato giù il braccio e riportato alla realtà!