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I Macchiaioli

3 min

PISA, FINO AL 26 FEBBRAIO 2023

I Macchiaioli

A Palazzo Blu una retrospettiva di oltre 120 opere, per lo più capolavori provenienti da collezioni private, solitamente inaccessibili, e da importanti istituzioni museali, fino al 26 febbraio 2023

Silvestro Lega, Lettura romantica, Olio su tavola, 31,5×21 cm Collezione Privata

La mostra “I MACCHIAIOLI” ripercorre l’entusiasmante evoluzione e insieme rivoluzione dei Macchiaioli, che hanno dato vita a una delle più originali avanguardie nell’Europa della seconda metà del XIX secolo. Si tratta infatti di una retrospettiva di oltre 120 opere, per lo più capolavori provenienti da collezioni private, solitamente inaccessibili, e da importanti istituzioni museali come le Gallerie degli Uffizi di Firenze, il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia “Leonardo da Vinci”, di Milano, la Galleria d’Arte Moderna – Musei di Genova Nervi e la Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea di Roma. Questo importante movimento pittorico è diventato popolare, arrivando a un pubblico più vasto, oltre cinquant’anni fa grazie all’ormai storica mostra di Forte Belvedere a Firenze. Sull’arte dei macchiaioli molto si è detto e rappresentato, senza mai però riuscire a restituire appieno quella visibilità internazionale che le spetta. E questo soprattutto perché la competizione con l’Impressionismo francese, impostata come ineludibile dalla critica sin dai tempi di Roberto Longhi, ha fin qui impedito una lettura completa e autonoma della vicenda dei Macchiaioli.

Oggi più che mai, cadute le visioni nazionaliste a favore di uno sguardo europeista e internazionale, si è più propensi a stemperare la concezione franco-centrica della storia della pittura europea del XIX secolo e, senza sminuire la portata universale del messaggio impressionista, a evidenziare con maggiore oggettività i nessi vitali del dialogo culturale tra i popoli che hanno contribuito all’evoluzione della civiltà europea.

Si ricorda quando ha acquistato il suo primo gadget?

Il ricordo è nitidissimo, è stato un taglia verdure manuale sempre di epoca Vittoriana, una specie di antenato dei moderni frullatori, ma uno dei gadget che prediligo è un marchingegno che serviva ad alzare con eleganza la gonna, quel po’ che bastava, per permettere alle signore di danzare con più agilità o addirittura per saltare le pozzanghere con eleganza, evitando di sporcarsi.

Sappiamo che nella sua collezione il clockwork teasmade rappresenta l’oggetto al quale lei è più affezionato, di che cosa si tratta?

È un bollitore per tè ad orologeria con un meccanismo che consente anche di riempire automaticamente la teiera o la tazza. Dopo averlo scoperto su una rivista sono riuscito a trovarlo in Nuova Zelanda. Che io sappia ne esiste solamente un altro esemplare conservato al museo della scienza qui a Londra. Nella sua collezione sono presenti anche esemplari di teiere che versano il tè meccanicamente… Ne sono molto orgoglioso. Probabilmente furono create nel 1880 da un gentleman chiamato Royale forse per la madre malata di artrite che non poteva versarsi la sua tazza di tè inglese.

Dietro ogni oggetto si nasconde una storia. Ci vuole raccontare qualche altra curiosità?

Ve ne sono moltissime, per esempio possiedo il primo gabinetto pubblico che funzionava con i centesimi. Messi in funzione proprio durante la Grande Esposizione Industriale del 1851 diedero anche il Oggetto utilizzato per far smettere ai bambini di succhiare il dito via all’espressione tutt’oggi usata “spendere un centesimo”. Tra le tante curiosità sono molto divertenti i calzini per alluce, progettati per essere indossati sotto le calze evitandone così l’usura. Prodotti durante la Seconda Guerra Mondiale garantivano un risparmio di calzini dell’80%!

Tra gli oggetti raccolti da lei nel corso degli anni qual è il più raro?

Direi il singing clockwork bird, ovvero un orologio meccanico con uccellino musicale. Inserendo una moneta era possibile ascoltare una melodia per venti secondi. Un oggetto ricercatissimo dai collezionisti di tutto il mondo.

Si ricorda quando ha acquistato il suo primo gadget?

Il ricordo è nitidissimo, è stato un taglia verdure manuale sempre di epoca Vittoriana, una specie di antenato dei moderni frullatori, ma uno dei gadget che prediligo è un marchingegno che serviva ad alzare con eleganza la gonna, quel po’ che bastava, per permettere alle signore di danzare con più agilità o addirittura per saltare le pozzanghere con eleganza, evitando di sporcarsi.

Sappiamo che nella sua collezione il clockwork teasmade rappresenta l’oggetto al quale lei è più affezionato, di che cosa si tratta?

È un bollitore per tè ad orologeria con un meccanismo che consente anche di riempire automaticamente la teiera o la tazza. Dopo averlo scoperto su una rivista sono riuscito a trovarlo in Nuova Zelanda. Che io sappia ne esiste solamente un altro esemplare conservato al museo della scienza qui a Londra. Nella sua collezione sono presenti anche esemplari di teiere che versano il tè meccanicamente… Ne sono molto orgoglioso. Probabilmente furono create nel 1880 da un gentleman chiamato Royale forse per la madre malata di artrite che non poteva versarsi la sua tazza di tè inglese.

Dietro ogni oggetto si nasconde una storia. Ci vuole raccontare qualche altra curiosità?

Ve ne sono moltissime, per esempio possiedo il primo gabinetto pubblico che funzionava con i centesimi. Messi in funzione proprio durante la Grande Esposizione Industriale del 1851 diedero anche il Oggetto utilizzato per far smettere ai bambini di succhiare il dito via all’espressione tutt’oggi usata “spendere un centesimo”. Tra le tante curiosità sono molto divertenti i calzini per alluce, progettati per essere indossati sotto le calze evitandone così l’usura. Prodotti durante la Seconda Guerra Mondiale garantivano un risparmio di calzini dell’80%!

Tra gli oggetti raccolti da lei nel corso degli anni qual è il più raro?

Direi il singing clockwork bird, ovvero un orologio meccanico con uccellino musicale. Inserendo una moneta era possibile ascoltare una melodia per venti secondi. Un oggetto ricercatissimo dai collezionisti di tutto il mondo.

In questo contesto la vicenda dei Macchiaioli assume una rilevanza ancora più interessante, così come la Toscana, terra di elezione per loro esperienza artistica. Questi pittori appaiono dunque per ciò che sono effettivamente stati, ovvero la chiave di un dialogo aperto, propositivo, onesto e audace con le più importanti comunità artistiche dell’Europa del tempo.

Il termine “Macchiaioli” fu coniato nel 1862 da un recensore della Gazzetta del Popolo, che così definì quei pittori che intorno al 1855 avevano dato origine a un rinnovamento in chiave antiaccademica della pittura italiana in senso realista. L’accezione ovviamente era dispregiativa e giocava su un particolare doppio senso: darsi alla macchia infatti, significa agire furtivamente, illegalmente.

Questa rivoluzione, apparentemente originalissima, aveva invece origini profonde nell’arte figurativa della Penisola. Lo stesso termine “macchia” era stato utilizzato da Giorgio Vasari a proposito delle opere mature di Tiziano, che erano “condotte di colpi, tirate via di grosso, e con macchie di maniera, che da presso non si possono vedere, e di lontano appariscono perfette”.

L’esposizione a Palazzo Blu, articolata in 11 sezioni, racconta dunque l’eccitante avventura di un gruppo di giovani pittori progressisti, toscani e non, che – desiderosi di prendere le distanze dall’istituzione accademica nella quale si sono formati, sotto l’influenza di importanti maestri del Romanticismo come Giuseppe Bezzuoli e Francesco Hayez – giungono in breve tempo a scrivere una delle più poetiche e audaci pagine della storia dell’arte non solo italiana.

Ed è proprio per via dei valori universali che la sottendono che l’arte dei Macchiaioli risulta così attuale, affascinando con la pienezza formale e poetica di straordinari capolavori – dalle Cucitrici di camice rosse di Borrani a Il canto di uno stornello di Lega, alla Battaglia di Magenta di Fattori – indelebilmente impressi nella memoria collettiva. Lo sguardo intimo sulla realtà a loro contemporanea, la visione antieroica e profondamente umana che i Macchiaioli ebbero del Risorgimento hanno del resto incantato anche il mondo del Cinema, da Luchino Visconti a Martin Scorsese.

La mostra di Palazzo Blu raccoglie le opere “chiave” di questo percorso allo scopo di cadenzare i diversi momenti della ricerca dei macchiaioli, il loro confrontarsi con altri artisti e con le diverse scuole pittoriche europee; i loro smarrimenti, la capacità di mettersi collettivamente in discussione e di sterzare, se necessario, il timone per proseguire sulla strada del progresso e della modernità senza abbandonare mai la via maestra della luce. Il pubblico dei visitatori troverà a Palazzo Blu le risposte alle domande più ricorrenti: perché i Macchiaioli sono nati in Toscana? Possono essi ritenersi i pittori del Risorgimento? Perché sono considerati un’avanguardia europea.

Scheda tecnica

Titolo: I Macchiaioli

Quando: fino al 26 febbraio 2023

Dove: PALAZZO BLU Lungarno Gambacorti 9, 56125 Pisa

Apertura:  dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19 il sabato, la domenica e i festivi dalle 10 alle 20.

Ingresso:  Intero: 3,00 euro – Ridotto, convenzioni e gruppi: 2,00 euro

Info: 050916950 – https://palazzoblu.itinfo@palazzoblu.it

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