di Domizia Dalia – pubblicato su COLLEZIONARE di maggio/giugno 2015
La leggenda su due ruote della bicicletta Graziella rivive nella collezione di Guglielmo Maulucci
“Ma dove vai bellezza in bicicletta, così di fretta pedalando con ardor. Le gambe snelle, tornite e belle, m’hanno già messo la passione dentro al cuor”
Erano gli anni Cinquanta, quando questa canzonetta dal ritornello felice riecheggiava dai jukebox nei bar. Allora, la bicicletta era uno dei mezzi di locomozione più utilizzati e, nonostante il crescente benessere delle famiglie ha rappresentato per moltissimi anni il mezzo che tutti potevano permettersi. Dobbiamo aspettare, però, il 1964 per poter parlare della prima bicicletta simbolo di un’epoca. Un vero e proprio mito entrato nella storia: la Graziella, progettata da Rinaldo Donzelli e realizzata dalla Teodoro Carnielli di Vittorio Veneto. A distanza di cinquant’anni la passione per questa bicicletta pieghevole non si è affievolita e molti sono i collezionisti in tutto il mondo che ricercano i pezzi più rari e quelli più antichi. Guglielmo Maulucci, medico di Foggia, ci apre le porte – anzi le saracinesche dei box – per mostrarci la sua raccolta composta da oltre cento biciclette Graziella.
Dottor Maulucci, come mai si è appassionato a questo particolare tipo di bicicletta?
Chi come me ha vissuto in quell’epoca, sa benissimo quanto la Graziella della Carnielli sia stata uno dei simboli di quegli anni. Il successo è stato immediato poiché ha colto in pieno lo spirito del tempo: anni del boom economico, ma nei quali ancora si prestava attenzione al risparmio. La Graziella, inoltre, si poteva portare dietro con facilità anche nei lunghi periodi di vacanza.
Sicuramente il telaio pieghevole è stata la carta vincente di questa bicicletta, ma se non sbaglio il successo immediato è stato ottenuto anche a un marketing innovativo che non ha puntato solamente su una campagna pubblicitaria…
Certamente, l’azienda ha reso ancora più accattivante la bicicletta grazie ad una serie di accessori in grado di personalizzarla come, per esempio, le bisacce laterali bianche o blu, il contachilometri, la borsa che serviva per contenere la Graziella piegata e, non meno importante, il solidissimo portapacchi, capace di reggere in piedi una persona adulta. Comunque, come ha accennato lei, le campagne pubblicitarie sono state davvero vincenti. Uno degli slogan più famosi recitava “La Rolls Royce di Brigitte Bardot”. Infatti l’attrice francese promuoveva la Graziella Oro, modello con il quale ho dato il via alla mia collezione.
Quindi è stata la sua Graziella numero uno?
La prima sia della mia raccolta che della mia vita. Me la regalò mio padre quando avevo quattordici anni. Si tratta di una Graziella particolare con le caratteristiche tipiche del modello base, ovvero il telaio pieghevole e il freno a pedale, ma presentava oltre a una colorazione oro – differente dalle tipiche versioni bianche o blu – importanti accessori optional di serie come la doppia marcia il contachilometri e un bloccasterzo con chiavi e portachiavi. Una bicicletta, quindi, altamente performante rispetto alle coeve.
Dopo gli esordi la produzione si è sbizzarrita inserendo sul mercato modelli sempre nuovi…
Nel tempo sono state presentate varie misure di Graziella per accontentare qualsiasi acquirente. Si parte dalla 10 – versione baby – e passando dalla 12, 14 e 16 si arriva alla 20. Persino i bambini, perciò, potevano avere la bicicletta uguale a quella dei genitori. Per non parlare dei Tandem, a due posti o dei Triplet, a tre. Un vero gingillo della mia collezione è una Graziella con quattro posti. Un pezzo quasi unico, che tra l’altro non si trova in nessun catalogo. Si tratta forse di un prototipo o di un pezzo creato dall’azienda su richiesta.
È vero che sul nome Graziella ancora oggi ci sono perplessità e varie ipotesi?
Per quanto riguarda la scelta del nome esistono due differenti versioni. La prima, per me la più accreditata e per logica la più plausibile, è che il nome Graziella deriverebbe dalla rivista Grazia, poiché ai tempi su questo giornale veniva pubblicizzata la bicicletta. Inoltre venivano anche proposte numerose promozioni fatte ai lettori del femminile. Molti di voi possono osservare che la grafica del nome Grazia è identica a quella della Graziella. Una seconda ipotesi sostiene, invece, che il nome derivi dalla ciclista Graziella dal Bello, atleta che nel 1962 ha partecipato ai campionati del mondo a Salò.
Come sempre accade ai prodotti di successo anche la Graziella Carnielli è stata molto imitata?
Il modello Graziella inteso come bicicletta pieghevole è stato riprodotto da moltissime aziende dell’epoca, ma altra cosa è parlare di quella prodotta dalla fabbrica di Vittorio Veneto, l’originale e inimitabile.
Lei le colleziona tutte?
No, la mia raccolta si limita solo alle bici prodotte dalla Carnielli. Oltre a queste colleziono anche vario materiale a tema.
Quali sono i canali che utilizza per ricercare i modelli che le mancano ancora?
Utilizzo tutti i canali disponibili, e inoltre sono iscritto al club Mitica Graziella. Le recupero in ogni parte del mondo, il più delle volte vado personalmente a ritirarle. In questo modo colgo l’occasione per viaggiare in giro per l’Europa. Per esempio in Danimarca ho acquistato un tandem con cambio a manubrio. Un dettaglio particolare che si trova solamente nei modelli che la Carnielli ha esportato all’estero.
Sicuramente tra le tante esisterà un modello di cui va particolarmente fiero?
È un modello particolarissimo e unico. Si tratta di una Graziella Rickshaw, realizzata sempre dalla Carnielli. Due biciclette che potevano essere unite grazie ad un sistema di sbarre e al montaggio di un sellino unico e un tendalino per ripararsi dal sole. Un’altra chicca è quella a motore, l’unica Graziella iscritta all’ACI.
Un consiglio da dare ai collezionisti?
Otre a ricercare i modelli più strani, dare un occhio al numero di telaio, perché c’è caccia grossa alla Graziella più antica!