Per la prima volta nella capitale dopo 32 anni l’Instituto Cervantes di Roma ospita una personale “Eduardo Chillida”. In mostra 41 opere tra disegni, sculture e “gravitazioni”

Eduardo Chillida, Senza Titolo, 1950, 21,6 cm x 15,3 cm, matita su carta, Museo Chillida Leku, Foto: Mikel Chillida
In occasione del centenario della nascita del grande scultore spagnolo, la mostra personale “Eduardo Chillida” (1924 – 2002) ospitata dall’Instituto Cervantes di Roma nella sede della Sala Dalí dal 23 ottobre 2024 all’11 gennaio 2025, organizzata dall’Instituto Cervantes di Roma e promossa dal Museo Chillida Leku con la collaborazione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, a cura di Javier Molins, propone, per la prima volta nella capitale dopo trentadue anni, quarantuno opere dell’artista tra disegni, sculture e “gravitazioni” datate dal 1948 al 1997. Un’occasione veramente unica per ripercorrere l’evoluzione dell’opera dello scultore basco dalla figurazione all’astrazione.
“Questa mostra rappresenta anche un’opportunità irripetibile per vedere l’opera di questo maestro del XX secolo in dialogo con quella di un maestro del Barocco, Gian Lorenzo Bernini, poiché la posizione privilegiata della sala dell’Instituto Cervantes a Piazza Navona consentirà di ammirare le due opere in un gioco di rimandi. Non dobbiamo dimenticare che l’arte è sempre un dialogo con il passato”. (J. Molins).

Eduardo Chillida, Ikaraundi, 1957, 48 cm x 141 cm x 68 cm, bronzo, Museo Chillida Leku, Foto: Alex Abril
Eccezionalmente esposte le quattro opere che valsero all’artista il Premio per la scultura alla Biennale di Venezia del 1958, tra le quali Gesto, proveniente dalla collezione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
“Sono uno di quelli che ritengono, per me è molto importante, che noi esseri umani apparteniamo sempre a qualche luogo. L’ideale è essere ed avere le radici in un luogo ma, contemporaneamente, penso che le nostre braccia devono stringere il mondo intero e che qualsiasi cultura è perfetta per colui che riesce ad adattarcisi. Io nel mio paese basco mi sento al mio posto, come un albero adatto al suo territorio. Un albero sul suo terreno ma con le braccia rivolte al mondo intero. Tento di realizzare l’opera di un uomo, la mia. Poiché sono io, quest’opera avrà sfumature particolari, una luce nera, che però è anche la nostra. Sono come un albero, con le radici in un solo paese e i rami che si aprono sul mondo.” (E. Chillida).
Da quando si è fatto conoscere sulla scena internazionale negli anni Cinquanta, il lavoro di Chillida è stato ospitato nei principali musei e collezioni d’arte in Europa e negli Stati Uniti. Le sue opere sono state commentate e analizzate da insigni storici e critici d’arte, oltre che da poeti e filosofi. Vincitore di innumerevoli premi ed esposto in numerosi musei e retrospettive, il suo lavoro costituisce un patrimonio di riferimento ineludibile nel panorama artistico contemporaneo. E’ considerato uno dei più grandi scultori del Novecento. Le sue opere sono presenti in più di 20 musei in tutto il mondo. Le sue sculture sono collocate di fronte al mare, come a San Sebastián il celebre Pettine del vento (1977), formato da tre monumentali ganci in acciaio massiccio inseriti tra le rocce della costa quasi a raccogliere il vento e i flutti dell’oceano, in un angolo magico che fonde elementi naturali con materiali industriali creando un potente dialogo tra l’artificiale e l’organico. “Guardando infrangersi il mare talvolta furioso che riesce ad ammansire un po’ le rocce, che simili a noi… un po’ erose ma impavide, difendono la terra e anche l’anima delle cose.” (E. Chillida).
Altre sculture sono collocate in montagna, come in Giappone, e in città come Washington, Parigi, Lund, Munster, Madrid, Palma di Maiorca, Guernica, Berlino e Monaco di Baviera. Sulla sua opera hanno scritto architetti e filosofi come Martin Heidegger, Emil Cioran, Félix Duque e poeti come Octavio Paz.

Eduardo Chillida, Gravitazione, 1992, 25,5 cm x 28,4 cm, Museo Chillida Leku, Foto: Alex Abril
La mostra romana vuole essere una retrospettiva della carriera artistica di Chillida attraverso i due principali mezzi con cui lavorò: il disegno e la scultura.
Il percorso dell’esposizione inizia con una serie di disegni figurativi del primo periodo dove già emergono quelle forme e linee curve che caratterizzeranno il suo lavoro successivo. Colpiscono i disegni che si concentrano sulle mani, uno dei temi che ossessiona Chillida. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’artista in gioventù è il portiere della squadra di calcio della Real Sociedad, attività caratterizzata dall’uso delle mani e sport che deve abbandonare a causa di un infortunio al ginocchio. Chillida una volta disse “quello che so fare l’ho sicuramente già fatto, quindi devo sempre fare quello che non so fare. […] Non sarà forse l’arte la conseguenza di una necessità, bella e difficile, che ci porta a tentare di fare quello che non sappiamo fare?” Ecco perché molte di queste opere sono disegnate con la mano sinistra, pur essendo destrimano: Chillida vuole rivivere l’avventura di imparare con la mano sinistra qualcosa che sapeva fare solo con la mano destra.
In mostra 17 “gravitazioni”, rilievi di diversi strati di carte, tagliate e in parte dipinte a china nera, legate e appese mediante delle corde. Chillida espone per la prima volta Gravitazioni nel 1988 alla Galleria Theo di Madrid. Sono delicate opere bidimensionali in bianco e nero, che esplorano le qualità e i limiti dello spazio, sovrapponendo strati di carta uniti da fili e sospesi per consentire la circolazione dell’aria.

Eduardo Chillida, Gesto, 1957, 52 cm x 93 cm x 42,5 cm, ferro, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma, Foto: Archivo Eduardo Chillida
La stratificazione e la diversa densità dei piani bidimensionali rimanda ad una profondità e ad una articolazione spaziale altra che fornisce una fortissima suggestione per definire un’articolazione plastica dell’architettura che alterna volumi in rilievo e campi scavati.
Il rapporto di Chillida con l’Italia è stato molto intenso. Alla Biennale di Venezia del 1958 vince il premio come miglior scultore all’età di 34 anni e la mostra all’Instituto Cervantes di Roma vuole rendere omaggio a questo importante riconoscimento riunendo quattro opere presenti in quella Biennale. Si tratta di un rilievo del 1951 e di tre sculture in ferro che hanno segnato il percorso che la scultura di Chillida avrebbe avuto in seguito. Una di queste sculture, Gesto (1957), proviene dalla collezione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, che l’ha eccezionalmente prestata per l’occasione, mentre le altre provengono dal Museo Chillida Leku.
Una caratteristica di queste sculture e dell’opera scultorea di Chillida è l’assenza dell’angolo retto. E’ lo stesso artista ad affermare “l’angolo retto mi è sembrato il più bello di tutti gli angoli, ma è un po’ intollerante, non ammette dialogo se non con i suoi pari”. Chillida non utilizzerà mai angoli retti, bensì angoli dati dall’ombra.
Titolo: “Eduardo Chillida”
Dove: Instituto Cervantes di Roma, Sala Dalí, Piazza Navona 91, Roma
Quando: 23 ottobre 2024 – 11 gennaio 2025
Orario: da martedì a venerdì dalle 14.00 alle 20.00; sabato dalle 10.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alle 20.00
Ingresso libero
Info: tel +39 06 6861871 – https://roma.cervantes.es/it/