di Domizia Dalia – pubblicato su COLLEZIONARE di febbraio/marzo 2013
La splendida collezione di scatole da cipria di Rosa Maria Scarlata, rivive ora in un museo virtuale
Scovare collezionisti, in Italia e non solo, è uno dei miei compiti insieme con quello di ascoltare -parte che preferisco – la storia della loro raccolta. Due mesi fa, ho trovato una collezionista di antiche ciprie che ha fotografato, con cura, e postato su internet grossa parte degli esemplari posseduti. Insomma, un vero museo virtuale. Ho subito pensato che fosse una giovane ragazza un po’ trendy alla ricerca di nuove idee per packaging speciali. Mi metto in contatto tramite mail e, come risposta, ricevo una telefonata. Con grande stupore apprendo che dall’altra parte della cornetta c’è una carismatica signora, classe 1935, dall’accento siciliano, “catanese”, precisa lei. Il suo nome è Rosa Maria Scarlata, romana d’adozione, che da ormai diversi anni ha traslato parte della sua immensa collezione dalle pareti di casa sua, all’universo del World Wide Web. Confessa di non aver fatto tutto da sola, ma di essere stata aiutata dalla sua famiglia e in particolar modo da suo genero. “Una collezione che un tempo”, ci spiega Rosa Maria, “contava ben 2500 esemplari di cosmetici d’epoca. Si trattava principalmente di scatole di cipria di differenti materiali, ma anche calendarietti – omaggi dati ai clienti da parrucchieri e barbieri – pubblicità, piumini, porta cipria, ventaglietti e moto altro ancora”. Con un velo di malinconia usa il passato, poiché i casi della vita hanno costretto la signora Scarlata ad alienare più di metà della collezione che aveva messo in piedi con tanto entusiasmo. La sua lunga vita è stata arricchita e riempita anche dalla spasmodica ricerca di ciprie. Due le svolte caratterizzanti della sua romantica storia: la prima è avvenuta a Sorrento, nel 1968, quando in una vecchia profumeria ha acquistato tre scatolette di cipria che hanno dato inizio alla sua raccolta, la seconda quando ha deciso di continuare a far vivere la sua collezione attraverso Internet.
Rosa Maria, lei ha radunato pezzi provenienti da ogni parte del mondo, alcuni dei quali molto rari. Una casalinga come lei come ha fatto a recuperare certi esemplari?
Con molta pazienza e molti sacrifici. Per potermi permettere questo lusso facevo la cresta sulla spesa e, tutto quello che mettevo da parte, lo investivo nelle ciprie. All’inizio girai a tappeto le profumerie di Roma, molte delle quali avevano ancora fondi di magazzino e rimasugli, poi mi buttai sui mercatini. Ogni domenica mattina mi alzavo alle cinque per prendere l’autobus e arrivare presto a Porta Portese. Man mano che la collezione prendeva forma acquisivo una maggiore conoscenza della materia e aumentavano le mie ambizioni e i miei desideri.
Riusciva anche ad andare all’estero per recuperare questi cimeli?
Spesso organizzavo dei viaggi con mio marito in funzione delle scatolette di cipria. Dalla Francia, per esempio, ne riportai di bellissime. La Ville Lumiere era stata un’ambasciatrice della cosmetica tra la fine dell’Ottocento e gli anni Quaranta. Molte prestigiose case produttrici erano francesi e per loro, numerosi artisti si sbizzarrirono con decorazioni finalizzate a rendere sempre più accattivante il loro packaging. Tra tutti il celebre Renè Lalique, che realizzò scatole meravigliose per Coty e Guerlain, e Julien Viard. Quando ho iniziato la mia collezione non esisteva un vero e proprio mercato legato a questi prodotti, ma successivamente si è andato sviluppando fino a raggiungere livelli molto alti. Oggi, infatti, a Parigi esistono case d’asta che ricercano proprio questo tipo di prodotto.
La storia della cipria risale addirittura all’epoca dei greci, per non parlare dell’uso di questa da parte di personaggi come Cleopatra. Anche Ovidio ne parla in uno dei suoi trattati, ma quando questo prodotto cominciò a diventare di uso comune?
Sicuramente nell’Ottocento. Lentamente il prodotto si diffuse diventando sempre meno elitario. Nel Novecento il grande boom fino agli anni che Venti rappresentarono il culmine della produzione. Inizialmente le scatolette erano molto anonime, poi si capì che per attrarre la cliente dovevano essere più accattivanti. Furono quindi abbellite con decori e colori, molte, come detto, disegnate e realizzate da artisti e artigiani famosi, anche se a mio avviso le più belle sono quelle in stile Deco realizzate da artisti poco conosciuti.
Nonostante un contatto importante con il museo Boncompagni Ludovisi di Roma, per un’eventuale acquisizione, il suo sogno di vedere la collezione collocata in un museo è svanito, è stato questo lo spunto che l’ha convinta ad affacciarsi al web?
A seguito di un trasferimento obbligato e alla mancanza di spazio decisi di dare via la mia raccolta, certamente l’idea era quella di farla acquisire ad un museo per renderla fruibile a tutti. Per breve tempo ebbi l’illusione di poter realizzare questo sogno, ma sfumò. Decisi allora di realizzare questo desiderio rendendo multimediale la mia collezione.
Ha ricevuto dei feedback positivi dalla pubblicazione online?
Si, certamente. In diversi hanno fatto apprezzamenti, e da tutte le parti del mondo!
Lei non va più a caccia di nuovi esemplari, ma ce n’è uno che avrebbe desiderato e che non esiterebbe a comprare anche oggi?
Sì, è una scatoletta di Shiseido. Bellissima, ma anche molto rara. Ha una grafica originale con volti di donne dai tratti orientali. Davvero uno splendore. La rete può quindi, aiutare a rendere immortali le molte raccolte che il tempo spesso non è in grado di conservare e soprattutto può aiutare a esaudire il più grande sogno di tutti i collezionisti: quello di avere un museo virtuale dedicato alla propria raccolta, aperto sette giorni su sette e a tutti gli abitanti del globo…