di Domizia Dalia – pubblicato su COLLEZIONARE marzo/aprile 2017
Molti sono i collezionisti attratti dalla storia degli occhiali e dal loro design. Noi abbiamo intervistato Claude Samuel optometrista e grande appassionato
Che siano utilizzati per necessità o semplicemente per moda gli occhiali sono accessori largamente diffusi. E se quotidianamente li inforchiamo senza pensare troppo alla loro storia, dovremmo perlomeno ringraziare il loro inventore. Purtroppo però, della loro creazione non vi è certezza infatti, nel corso dei secoli si sono susseguite soltanto ipotesi che non hanno mai trovato riscontri soddisfacenti in documenti o libri. Si rimbalza così dalle prime intuizioni dei grandi illuminati del passato, come Aristotele e Tolomeo, ai primi trattati scritti da scienziati arabi dopo l’anno Mille. Tra i più completi quello di al-Haytham – conosciuto in Europa come Alhazen – che spiega in maniera scientifica e non più solamente filosofica, il concetto della visione attraverso la rifrazione. Da questo momento in poi l’evoluzione è stata sempre più rapida. L’Inglese Roger Bacon ci parla nel XIII secolo di lenti concave e convesse, ma sembra attendibile l’ipotesi che i primi occhiali siano stati creati in Italia. A palleggiarsi il primato sono le città di Firenze e Venezia, forse quest’ultima la più probabile. L’unica certezza è nell’affresco del 1352 di Tommaso da Modena, conservato a Treviso, nel quale Hugo de Saint Cher indossa un paio di occhiali; si tratta dell’immagine più antica, ad oggi ritrovata, in cui vengono rappresentati. Molti sono i collezionisti attratti dalla storia degli occhiali e dal loro design, a volte unico, tra i più famosi il cantante Elton John per il quale sono addirittura diventati il punto di forza della sua immagine. Claude Samuel francese, ma residente in Israele non è un semplice collezionista di occhiali, la sua passione per questi strumenti è infatti profondamente radicata nel suo DNA. È lui a raccontarcela…
Dottor Samuel, l’interesse per questo genere di oggetti le è stato tramandato dalla sua famiglia, se non sbaglio lei rappresenta la quarta generazione di optometristi…
È così. Oltre alla professione mi è stata tramandata una grossa parte della collezione di mio padre che ho portato con me quando mi sono trasferito in Israele. Una raccolta di milletrecento pezzi che cerco di ampliare da oltre venti anni. Grazie ad una continua ricerca, mi tengo sempre aggiornato e attraverso internet riesco a studiare i cataloghi delle maggiori case d’asta, cercando di aggiudicarmi gli occhiali più interessanti.
La sua collezione è molto vasta, si estende anche ad altri oggetti legati a questo tema?
Ogni pezzo ha un significato ben preciso all’interno della mia collezione. Ogni paio di occhiali è un anello di una catena che ripercorre la storia di questi oggetti dalla loro nascita fino ad oggi. Ovviamente per completare l’intero percorso ho acquistato anche strumenti tecnici utilizzati per misurare la vista, libri legati alla chirurgia oculare e altri elementi utili a questo scopo narrativo.
Se l’obiettivo della sua raccolta è anche quello di raccontare la storia degli occhiali avrà molti esemplari datati, a quale epoca risalgono i modelli più antichi da lei posseduti?
Partono dal XVII secolo e si tratta già di occhiali che per la loro costruzione subivano un procedimento semi industriale. Nella collezione mancano gli esemplari del Medioevo che sono estremamente rari e costosi. Per esempio, desidererei molto possedere un besicle – le classiche lenti con montatura che venivano adagiate sul naso perché sprovviste di stanghette – del XV secolo. Tra i pezzi più antichi in mio possesso prediligo sicuramente un paio di occhiali dei primi anni del Settecento creati per un paziente che aveva subito un intervento di cataratta.
L’attenzione al tipo di lenti, oltre che alla montatura è un dettaglio che lei, da optometrista, proprio non riesce a trascurare…
Direi di no, mi affascina la loro evoluzione. Le prime lenti positive risalgono al XIII secolo, mentre per quelle negative bisogna aspettare altri duecento anni. Nella mia collezione è possibile seguire lo sviluppo delle tecnologie e dei materiali.
Parlando di evoluzione delle lenti e dei materiali dobbiamo citare il primo manuale sistematico sugli occhiali dello spagnolo Benito Daça de Valdès, nel quale l’autore oltre a classificare i tre tipi di lenti – concave, convesse e conservative, ovvero piatte – ne descrive il tipo di materiale, individuandone tre principali: vetro comune, cristallo di vetro e cristallo di rocca, considerando quest’ultimo migliore anche se raro e costoso. Inoltre approfondisce il tema delle lenti scure che, anche se non erano una novità nel Seicento, diventarono più comuni. Tornando rapidamente ai giorni nostri, gli occhiali, specialmente quelli da sole, rappresentano anche un accessorio ornamentale e molti designer si sono applicati nella loro creazione. In collezione lei possiede una serie firmata dallo stilista Pierre Cardin, corredata da schizzi…
Oltre ad essere esemplari davvero unici rappresentano un ricordo di mio padre. Infatti è stato proprio lui a collaborare con lo stilista parigino per la loro realizzazione. Si tratta di mascherine fantasiose utlizzate durante la sfilata e solo parte di questi modelli sono stati prodotti per la vendita. Sono tra i pezzi più belli della mia collezione.
Disegni di Daniel Gaultier per Pierre Cardin
Tra le molte curiosità della sua raccolta spicca l’occhiale Eskimo…
Questo modello pur non essendo particolarmente tecnologico, rappresenta un esempio di design efficiente oltre a raccontarci di come l’uomo, in condizioni estreme, abbia saputo utilizzare i materiali offerti dalla natura. In questo caso l’osso e la pelle.
Molti sono i pezzi eccellenti, dagli occhiali gioiello firmati Fabergé agli oggetti come ventagli e bottigliette di profumo da borsetta con nascosti sistemi di lenti monoculari. Difficile sarà la scelta del suo pezzo preferito…
Tutti gli oggetti della mia collezione sono come figli e per me è quasi impossibile prediligerne uno rispetto agli altri. Tuttavia tra tutti direi, soprattutto per affetto, la cassetta di lenti e accessori per l’esame della vista appartenuta a mia nonna deportata e tristemente scomparsa ad Auschwitz.