Ha inaugurato sabato scorso, 20 aprile, l’edizione 2024 della Biennale di Venezia sotto la guida del brasiliano Adriano Pedrosa. Il tema della 60ª edizione è “Stranieri ovunque”, e l’arte contemporanea cercherà di delineare cosa oggi significhi emigrazione e integrazione. La mostra è visitabile fino al 24 novembre
- di Roberto Brunelli, autore di “Anninovanta 1990-2015. Un percorso nell’arte italiana”
Da sabato 20 aprile a domenica 24 novembre è in corso a Venezia la 60^ edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte intitolata Stranieri ovunque.
Affidata dal Cda della Biennale a dicembre 2022 alle sapienti mani di chi ha dimostrato negli anni di portare avanti con coerenza e determinazione una propria visione del mondo dell’arte, ha permesso al curatore brasiliano Adriano Pedrosa, già direttore artistico del Museo d’Arte di San Paolo (MASP) di parlare di temi come l’emigrazione e l’integrazione senza cadere nella banalità e/o in polemiche puerili.
Non sono proprio gli artisti a essere considerati a volte stranieri in casa loro per la coscienza e l’apertura mentale con cui, attraverso la visione del mondo espressa nelle loro opere, indicano cosa possa essere opportuno fare e su cosa si debba agire per costruire una società migliore che sappia guardare al futuro imparando dai propri errori.
Nel mondo ci sono circa dieci milioni di apolidi, individui senza patria e senza cittadinanza. Molti di loro non hanno mai attraversato una frontiera, non tutti gli apolidi sono profughi. Pensando a loro possiamo comprendere come la tematica che dà il titolo alla Biennale 2024 deve farci riflettere di quanto sia stato disatteso il piano decennale (2014-2024) dell’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) per porre fine all’apolidia nel mondo soprattutto nel punto in cui si chiedeva di Rimuovere le discriminazioni di genere dalle leggi sulla nazionalità.
Stranieri ovunque da leggere quindi come Estranei ovunque, perché, per utilizzare il passaggio della canzone dei Pooh Uomini soli vincitrice del Festival di Sanremo del 1990 ci si può sentire soli ancor oggi solo perché sono dei diversi venendo emarginati da una società colpevolmente inerte nei confronti delle intolleranze e delle discriminazioni politiche e/o di genere.
I Leoni d’oro alla carriera sono stati assegnati all’artista turca Nil Yalter, che ha dedicato il premio alla pace nel mondo e alla brasiliana, ma dai natali italiani, è nata a Scalea in Sicilia nel 1942 da padre italiano e madre ecuadoriana, Anna Maria Maiolino che è esposta per la prima volta alla Biennale d’Arte e deve essere da stimolo per tutti a ricordare/testimoniare che con la qualità del lavoro e nel credere fermamente in quello che si fa, alla fine i riconoscimenti e le soddisfazioni non possono non arrivare.
Biennale Venezia 2024 – Anna Maria Maiolino, Anno 1974 (dalla serie Mapas Mentals), 1973-99
A prescindere da dove si scelga di iniziare la visita, la Biennale si apre con due opere dal forte impatto emotivo.
Al Padiglione Centrale dei Giardini entrando nella capanna di Nil Yalter ci si puo’ sentire soli e a disagio seppur al centro del mondo, in questo caso dell’arte contemporanea.
Biennale Venezia 2024 – Nil Yalter, Topak Ev, 1973
Mentre alle Corderie dell’Arsenale l’astronauta di Yinka Shonibare ci ricorda l’importanza della memoria per costruire il futuro.
Biennale Venezia 2024 – Yinka Shonibare, Refugee Astronaut VIII, 2024
Tornando ai Giardini sono molte le opere che hanno incontrato il nostro favore al Padiglione Centrale, su tutte ci piacciono citare il grande olio su tela di Bertina Lopes in cui l’urlo della protagonista sembra volersi unire a quello delle altre figure rappresentate in segno di solidarietà.
Biennale Venezia 2024 – Bertina Lopes, Grido grande, 1970
La tela della messicana Teresa Margolles che sembra essere una moderna rivisitazione del dipinto del 1848 “Egalité devant la mort” (Uguaglianza davanti alla morte) dell’artista francese William-Adolphe Bouguereau.
Biennale Venezia 2024 – Teresa Margolles, Tela Venezuelana, 2019
La statua, collocata nel Giardino delle Sculture, un patio progettato nel 1952 da Carlo Scarpa per quello che era all’epoca il Padiglione Italiano, dell’artista Puppies Puppies, nome artistico scelto dall’americana Jade Guanaro Kuriki-Olivo, in cui ha terminato la sua performance truccandola per rimarcare la naturalezza che bisogna avere di fronte all’individuo senza curarsi del senza sesso e genere anagrafico.
Biennale Venezia 2024 – Puppies Puppies (Jade Guanaro Kuriki-Olivo)
Continuando la visita nei Padiglioni Nazionali, il visitatore non può rimanere insensibile di fronte all’installazione Exposition Coloniale di Aleksandar Denić al Padiglione della Serbia in cui sono riprodotte le condizioni di vita in cui si trovano molte persone che scelgono di migrare per migliorare le proprie condizioni di vita e in cui si trovano invece a vivere.
Biennale Venezia 2024 – Aleksandar Denić, Exposition Coloniale, Padiglione della Serbia
E soffermarsi nel Padiglione della Gran Bretagna sull’installazione di John Akomfrah dal titolo Listening All Night To The Rain incentrata sull’importanza di fermarsi ad ascoltare come primo passo per muovere empatia verso lo straniero e per la sua accettazione nel nostro microcosmo. Empatia quindi come forma di attivismo.
Biennale Venezia 2024 – John Akomfrah, Listening All Night To The Rain, Padiglione della Gran Bretagna
Nel Padiglione dell’Egitto Wael Shawky con il film Drama 1882 (2024) suggerisce come l’evoluzione culturale di un popolo può contribuire alla soluzione di problemi morali, civili, educativi.
Biennale Venezia 2024 – Wael Shawky, Drama 1882 (2024), Film (frame video)
All’interno del Padiglione dell’Ungheria l’artista Márton Nemes proietta il visitatore in un mondo dal vago sapore psichedelico che auspica un possibile futuro di pace e amore se solo volessimo crederci.
Biennale Venezia 2024 – Márton Nemes
Nel Padiglione della Grecia un team artistico formato dagli artisti Tharasis Deligiannis, Elia Kalogiannis, Yorgos Kyvernitis, Yiannis Michalopoulos, Kostas Chaikalis, Fotis Sagonas, sotto la sapiente guida del giovane curatore Panos Giannikopoulos hanno realizzato l’installazione audiovisiva ibrida Xirómero Dryland che mentre il rumore del macchinario centrale cattura l’attenzione del visitatore con un rumore cupo e fastidioso lo distrae sul contemporaneo spreco di acqua. Un bene talmente prezioso da essere già ora chiamato “oro blu” la cui scarsità avrà in un futuro ormai alle porte un impatto profondo sulla nostra società vista la spinta di persone che lotteranno, migrando, per averne accesso.
Biennale Venezia 2024 – Xirómero Dryland, installazione audiovisiva ibrida, Padiglione della Grecia
Lasciata la sede dei Giardini ed entrati all’Arsenale, troviamo quello che è il più bel video di questa edizione della Biennale, tanto da aver meritato il Leone d’Argento. In Machine Boys l’artista Karimah Ashadu racconta le vicissitudini di un gruppo di moto taxi abusivi a Lagos, la capitale della Nigeria, che nonostante la loro spiccata mascolinità fisica sono fragili vittime nella sfida quotidianità all’autorità locale.
Biennale Venezia 2024 – Karimah Ashadu, Machine Boys, 2024 (frame video)
L’opera The Constellations seres dell’artista visiva Bouchara Khalili incentrata sull’importanza della “tradizione orale” per ricostruire le storie e capire le culture del continente africano.
Biennale Venezia 2024 – Bouchara Khalili, The Constellations seres, 2011
Le opere di Dana Awartani Come, Let Me Heal Your Wound, Let Me Mend Your Broken Bones e A Espiral do Medo Kiluanji di Kia Henda che, forse casualmente/involontariamente sono state collocate dagli stessi organizzatori in modo tale che sembrano dialogare l’una con l’altra, quasi ha testimoniare di come l’arte al pari del linguaggio possa permettere un dialogo se solo ci si vuole fermare un attimo ad ascoltarlo/percepirlo.
Biennale Venezia 2024 – Dana Awartani, Come, Let Me Heal Your Wound, Let Me Mend Your Broken Bones, 2024 & Kiluanji Kia Henda, A Espiral do Medo, 2022
Il Padiglione del Libano che vede esposto l’artista Mounira Al Solh. L’Uzbekistan con Aziza Kadyri and Qizlar Collective.
Biennale Venezia 2024 – Mounira Al Solh, Con il suo mito lei danza, Padiglione del Libano
Biennale Venezia 2024 – Aziza Kadyri and Qizlar Collective, Don’t Miss the Cue, Padiglione dell’Uzbekistan
Dell’Albania, in cui l’artista Iva Lulashi ha concepito gli spazi riproducendo esattamente la planimetria della sua abitazione/studio per permettere ai visitatori/collezionisti di vedere i dipinti esposti nel luogo in cui nascono e vivono prima di “uscire nel mondo”, come fossero figli che cammineranno, una volta maturi, al di fuori di quelle quattro mura.
Il Padiglione del Benin presente per la prima volta alla Biennale e qui rappresentato dall’artista Romuald Hazoumè.
Biennale Venezia 2024 – Romuald Hazoumè, Padiglione del Benin
La visita termina con le sculture al neon sospese sull’acqua del Collettivo Claire Fontaine con ripetuto il titolo della kermesse veneziana Stranieri ovunque in sessanta lingue diverse. Sessanta come le edizioni della Biennale d’Arte fin qui organizzate.
Biennale Venezia 2024 – Collettivo Claire Fontaine, Stranieri ovunque, sculture al neon
Ricca e degna di attenzione è l’offerta dei Padiglioni Nazionali esterni alle due storiche sedi de Giardini e dell’Arsenale. Tra tutti ci piace citare il Padiglione della Slovenia alla Serra dei Giardini con esposta l’opera di Nika Špan, Garden Secret for You.
L’opera Espejismos del Tapòn di Cisco Merel esposta al Padiglione del Panama all’interno della Mostra collettiva “Tracce. Nel corpo e sulla terra”, dove l’artista, classe 1981, ha sostituito nella pittura i pigmenti con strati multicolori di fango presi dalle varie zone della giungla panamense che i migranti sudamericani tentano di attraversare nella loro odissea per arrivare negli agognati Stati Uniti d’America o Canada.
Il Padiglione dell’Azerbaigian intitolato From Caspian to Pink Planet: I Am Here curato dal torinese Luca Beatrice, già co-curatore del Padiglione Italia alla Biennale d’Arte di Venezia nel 2009, che vede esposte insieme ai lavori di Vusala Agharaziyeva e Rashad Alakbarovdi una serie di opere pittoriche di Irina Eldarova in cui è rappresentata un’improbabile storia d’amore tra l’attrice Marilyn Monroe e un operaio addetto ai pozzi petroliferi abitanti azeri.
Biennale Venezia 2024 – Irina Eldarova, olio su tela 152×152 cm, 2013, Photo by Irina Eldarova, Image courtesy of Irina Eldarova
Tra i tanti eventi ed esposizioni in giro per la città consigliamo la mostra di Tony Gragg Le forme del vetro al Negozio Olivetti di piazza San Marco. Realizzato su commissione di Adriano Olivetti nel 1958, il negozio dopo un accurato restaurato è ora gestito dal FAI (Fondo Ambientale Italiano).
La mostra cura di Donatien Grau di Francesco Vezzoli Musei delle Lacrime ospitata al Museo Correr in cui il maestro bresciano, mette in dialogo un nucleo consistente di lavori realizzati per l’evento con le collezioni del Museo.
Biribisso della bolognese Eva Marisaldi ospitata alla Casa di Carlo Goldoni dove l’artista è riuscita con la sua lirica vena narrativa a far dialogare i lavori con quanto esposto nella collezione permanente del museo.
Biennale Venezia 2024 – Eva Marisaldi
La grande mostra monografica che il Museo di Cà Pesaro ha dedicato ad Armando Testa visibile fino al 15 settembre curata tra gli altri da Gemma De Angelis Testa, fondatrice e presidente dell’Associazione Acacia (Associazione Amici Arte Contemporanea Italiana) che nel 2023 ha donato ai Musei Civici di Venezia centocinque opere della sua collezione di arte contemporanea.
Biennale Venezia 2024 – Armando Testa, Pippo, 1966-1993
In questo 2024 ci troveremo infine di fronte a un evento storico eccezionale con i suoi reali e simbolici effetti.
Il 13 febbraio 2024 la Sala Stampa della Santa Sede ha annunciato che il Santo Padre Papa Francesco visiterà, prima volta di un Pontefice alla Biennale di Venezia, il Padiglione della Santa Sede alla 60^ Esposizione Internazionale d’Arte, presso il Carcere Femminile della Giudecca nella giornata di domenica 28 aprile 2024.